Human marketing e smart working: un binomio possibile?

La rivoluzione digitale ha portato ad un cambiamento sensibile non solo negli strumenti di lavoro, ma anche nelle relazioni che vengono instaurate all’interno di un team operativo. La recente emergenza sanitaria ha, del resto, messo in evidenza quanto il nostro Paese fosse ancora in uno stato di profonda arretratezza rispetto al resto dell’Europa sul tema dello smart working.

Fino a qualche settimana fa, infatti, il concetto di lavoro agile era visto in Italia quasi con un’accezione negativa ed emergeva chiaramente la percezione che avere la possibilità di lavorare da remoto costituisse un vantaggio straordinario, concesso in seguito a particolari situazioni contingenti. Ora, però, qualcosa sta cambiando: le persone stanno scoprendo come smart working e human marketing non sono, in fondo, così incompatibili.

Cosa devi sapere sullo smart working?

Lo smart working è un tema ormai sulla bocca di tutti e troppo spesso si danno giudizi impietosi su questa modalità di lavoro agile. Ecco qualche tip che ti aiuterà a comprendere meglio questo fenomeno:

Lo smart working esisteva già prima: negli altri paesi europei e soprattutto nell’Est del mondo il lavoro agile è una prassi in voga da molti anni. Lavorare da casa non è più considerato un privilegio da parecchi anni, anzi: in certi paesi viene incentivato al punto che le aziende non devono sostenere i costi fissi degli uffici. Quando questi team si incontrano per meeting aziendali noleggiano degli spazi di coworking;

Non è vero che si lavora meno: premettendo che è possibile portare avanti solo determinate attività produttive in smart working, coloro che hanno la possibilità di farlo mantengono le medesime ore lavorative settimanali. Infatti, il lavoro agile non costituisce una facilitazione, ma è – semplicemente – una modalità in cui vengono svolti i task assegnati. A chi dice che in smart working circolano meno le idee tra i membri del team, suggerisco di fare una riflessione: consultate i dati sulla soddisfazione dei dipendenti costretti ad affrontare ore di traffico per arrivare in ufficio e rimanere alla scrivania tutta la giornata e quelli che invece hanno la possibilità di lavorare da casa. I dati vi persuaderanno del contrario.

Alcune categorie professionali hanno sempre lavorato in smart working: i liberi professionisti molto spesso, soprattutto agli albori della propria attività, svolgono le attività lavorative a casa propria. Tuttavia, non per questo, hanno dimostrato una minore produttività rispetto a chi lavora in un ufficio.

È previsto dalla legge: lo smart working è stato oggetto di un’apposita regolamentazione prevista anche dalla normativa italiana. Infatti, come si può leggere sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il lavoro agile è regolamentato dalla Legge n°81 del 22 maggio 2017 come una modalità d’esecuzione del lavoro subordinato.

Lo smart working appiattisce le relazioni?

Troppo spesso sento dire che lo smart working appiattisce le relazioni tra colleghi e non permette lo scambio di idee tra compagni di scrivania: è restrittivo pensare che due persone possano relazionarsi tra loro solamente perché si trovano a pochi centimetri di distanza o perché condiviso un portapenne.

Il legame che si instaura tra le persone all’interno di un team è ben più profondo di una pausa caffé e, in ogni caso, può essere coltivato attraverso i numerosi strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione per rimanere in contatto. Videochiamate, call con condivisione dello schermo, registrazione di video da inviare ma anche la possibilità di condividere il proprio lavoro in cloud e poter accedere alle modifiche apportate dai propri colleghi in tempo reale sono tutti mezzi che le persone – quando vogliono – possono utilizzare per rimanere in contatto tra loro.

Mi piacerebbe poi richiamare la tua attenzione su un aspetto: la vera differenza viene fatta non tanto dall’ambiente, dal mezzo ma dalle persone stesse. Bisogna uscire dalla mentalità per cui due persone sono portate ad interagire tra di loro solamente perché si trovano all’interno della stessa stanza: si può creare empatia anche a chilometri di distanza e il rapporto tra colleghi possono essere mantenuti anche senza doversi sedere alla stessa scrivania tutti i giorni. Il senso di appartenenza ad un team, ad una squadra e sentire di far parte di un progetto sono emozioni che possono essere creata in tanti modi e la tecnologia, da questo punto di vista, ci facilita moltissimo.

Perché continuare a fare human marketing?

In questo contesto lo human marketing assume un valore ancora più importante dal momento che – mai come in frangenti come quello che stiamo vivendo – è fondamentale creare un senso di appartenenza ad una community e non far sentire le persone sole. Infatti, il paradigma dello human marketing può essere declinato in tre direzioni:

Parlare alle persone: da questo punto di vista, è fondamentale studiare strategicamente una comunicazione improntata sulle necessità dei consumatori. Non deve essere sfruttato come una banale macchina da soldi, ma valorizzato in ogni sua caratteristica.

Parlare delle persone: quale strategia migliore di storytelling se non quello di parlare delle persone che fanno parte del proprio brand, anche in un momento di crisi? Ecco quindi che si sono moltiplicati i post di team di lavoro che collaborano in smart working e, perché no, si concedono un aperitivo in diretta Skype;

Parlare con le persone: la vera svolta che lo smart working sta dando sta nella capacità delle aziende di parlare direttamente con la propria community, di interagire con i propri utenti coinvolgendoli in numerose iniziative.

Non trovo alcun genere di incompatibilità con lo smart working. Vorrei concludere raccontando la mia personale esperienza sull’argomento smart working forzato di queste settimane: non ho mai avuto ricevuto tante chiamate di solidarietà e conforto da parte di clienti e collaboratori come in questo periodo.

Lavorando da casa ho la possibilità di approfondire il rapporto con i miei clienti, conoscendoli da vicino anche in momenti delicati come quelli che si stanno affrontando. Le videochiamate si sono moltiplicate perché le persone hanno bisogno di contatti umani. Empatia chiama empatia.

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